In questo articolo riportiamo la cronaca del più importante duello che si è svolto nel 1530 durante l'assedio di Firenze e che ha rappresentato lo scontro tra imperiali e repubblicani.
(affresco dell'assedio di Firenze di Palazzo Vecchio)
In questo tempo, che sanguinosamente ogni giorno si bagnava il terreno per gli feriti, e per gli morti per l’una parte, e per l’altra, nacque un caso, che tenne più giorni la Città, ed il campo di fuori intento ad un duello onorato, che non mi pare ragionevole trapassare con silenzio.
Lodovico Martelli, giovane nobile, ed animoso, come quegli, che per privata nimicizia, pure per cagione d’amori, teneva odio con Giovanni Bandini, che si ritrovava in campo con Baccio Valori, disse pubblicamente, che egli era traditore della patria, e nimico di Cristo; alle quali parole rapportateli avendo esse data mentita, e perciò iti innanzi, e indietro cartelli, con licenza del Principe d’Orange, e di Malatesta, e de’ Dieci convennero, che si facesse il duello, ed il Principe dette il campo in sur un piano vicino al Palazzo de’Baroncelli, distante dalla Città per ispazio di tre quarti di miglio. Richiese Giovanni Bandini il Martelli in questo abbattimento, che se egli voleva eleggere un altro compagno, che fusse Cittadino, e nobile, egli similmente ne piglierebbe un altro, che gli corrispondesse nell’una qualità, e nell’altra. Furono d’accordo al partito, ed il Martelli s’elesse Dante da Castiglione, ed il Bandini Bertino Aldobrandi, giovine, che appena spuntava la barba.
Uscirono i nostri di Firenze col salvacondotto del Principe, accompagnati da sei solamente, e comparsi nel campo vennono al fatto. Furono quivi spiegate le armi da combattere, delle quali aveva avuto l’eletta il Bandino; le quali furono quattro spade, e quattro manopole, ed il resto della persona in camicia, e colle calze sole senza nulla in testa. Venuto al paragone dell’armi alla presenza de’ patrini, il Bandini prese una delle quattro spade, e maneggiatala così per provarla, la ruppe, la qual cosa dette un poco sospetto, e pareva, che il Bandino avesse messo in campo una spada falsa, acciocchè toccando per sorte alla parte avversa, avesse questo vantaggio; e per tal cagione si turbò alquanto il duello, andando innanzi, e indietro i patrini litigando quel punto, il quale essendo stato rimesso nel Principe, e negli altri Signori del Campo, furono contenti i patrini nostri, che li mettesse in campo un’altra spada, benché con onore si fussono potuti ritirare dal combattere.
Erano fatti due campi con brevi lizze, e attorniati, e distinti l’uno dall’altro, nell’uno de’ quali doveva combattere il Bandini, e Lodovico, e nell’altro Dante, e l’Aldobrando in un medesimo tempo.
Vennono al fatto, e nel duello di Lodovico, e del Bandino andò il fatto in questo modo, che assalitisi bravamente l’un l’altro, il Bandino per esser meno furioso, e più accorto sul vantaggio, si riparava da prima, aspettando l’occasione, la quale venuta, investì con un colpo il Martelli nella testa, dove ferito gli cadeva il sangue, che gl’impediva assai il lume degli occhi, per lo qual colpo, benché si andasse schermendo, e tirando al nemico, non aggiunse però colla punta a tanto, che facesse al Bandino altro, che un segno leggieri di ferita; ma il Bandini, avendolo ferito in più luoghi, lo condusse a tanto, che il martello, perduto il lume, s’arrese.
Ma nell’altro campo si combatté con diversa fortuna, perché Aldobrando con gran tempesta di punte, e di mandritti aveva date cinque ferite a Dante, che stava quasi immobile, e sul riparo, e l’aveva condotto in disperazione, e quasi perdente, quando Dante ripreso ardire, menò la spada, benché avesse una gran ferita nel braccio, e gliene messe addosso con tutta la persona, colla quale puntata, investitolo nella gola, gli diede un colpo mortale, che lo fe di subito morire, senza che egli si arrendesse, e fu spedito questo duello prima di quell’altro.
Dopo la fine del quale sparatasi tutta l’artiglierìa del Campo, si stava nella Città con gran silenzio, ma venuta la nuova del fatto, si rispose a gara coll’artiglierìa, e colla gazarra, e da’ sottili interpreti, ed acuti ingegni fu preso questo duello per augurio, e per segno da pronosticarsi il fine, ed il principio di tutta la guerra; conciosiacosaché essendo stato fatto fra i Cittadini nobili di quella Patria, siccome ancora era la guerra universale, pareva, che essendo dall’una e dall’altra parte seguita la vittoria, e la perdita, che il fine di quella guerra dovesse essere per l’una, e per l’altra parte infelice, e che le cagioni, che l’avevano mossa, fussero similmente state ingiuste da ogni banda, da poiché i soldati affermano, che la giustizia della causa ne i duelli il più delle volte vien confermata dalla vittoria.
Fabio Neri
Fonte:
Storie fiorentine di messer Bernardo Segni, gentilhuomo fiorentino, dall’anno MDXXVII al MDLV